mercoledì 18 dicembre 2013

Giornata internazionale dei migranti






"Gli unici veri viaggiatori oggi sono i e le migranti, il (quasi) ignoto nella speranza di un futuro migliore. Per loro, un passato c'è. E forse è per questo che, avendo un passato assai concreto, sembrano anche avere un corpo:che noi, non a caso, temiamo"

Oggi,  18 dicembre, ricorre la Giornata internazionale dei migranti. L’iniziativa nasce nel 1997, anno in cui un gruppo di organizzazioni asiatiche, con il sostegno dell’associazione Migrants Rights International (MRI) e del comitato promotore della campagna globale di ratifica della Convenzione internazionale sui diritti dei migranti , indisse la campagna per la nomina ufficiale da parte dell’ONU di una Giornata Internazionale dei Migranti. La Giornata fu quindi finalmente proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 4 dicembre del 2000 (Risoluzione 55/93) con l’intento di celebrare l’adozione della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

L’odierna Giornata rappresenta dunque un mezzo di sollecitazione alla ratifica della suddetta Convenzione, cosicché tutti gli Stati adottino il paradigma dei diritti umani come quadro di riferimento per una corretta disciplina dei flussi migratori. L’iniziativa si pone inoltre l’obiettivo di riconoscere il contributo che ogni giorno milioni di migranti nel mondo apportano alle economie dei paesi di accoglienza e di origine e si configura come un momento per sensibilizzare e diffondere le tematiche legate ai diritti umani del migranti e dei membri delle loro famiglie.
Come ha ricordato il Segretario Generale Ban Ki-moon, oggi più che mai è necessario spronare gli Stati alla creazione di politiche che sostengano i migranti a livello legislativo, sociale ed economico e che permettano loro di contribuire in maniera positiva al progresso della società. Vale la pena di ricordare infatti come, specialmente durante le regressioni economiche, sempre più settori dell’economia dipendano dai lavoratori migranti e come proprio gli imprenditori migranti aiutino a creare lavoro.

E' arrivato il momento


DIFENDIAMO I DIRITTI UMANI
Perchè siamo nel XXI secolo,
perchè parlare di violazioni di diritti e razzismo
non se ne può più.
Abbiamo tutti gli strumenti per far si che questo mondo
sia degno di PACE.
Diritto alla vita, diritto ad un ALLOGGIO ADEGUATO,
diritto alla libertà di opinione, diritto di essere RITENUTI UGUALI.


Dobbiamo UNIRE le nostre forze,
e combattere.                                                          
                         
E' l'obiettivo principale di Amnesty.

DIVENTA UNO DI NOI!


Anita
collaboratrice presso Amnesty Gruppo di Cesena

Bahrein: Amnesty International chiede la fine della detenzione e della tortura nei confronti dei minorenni

Secondo un rapporto diffuso oggi da Amnesty International, in Bahrein i minorenni vengono abitualmente arrestati e sottoposti a maltrattamenti e torture. 


Negli ultimi due anni decine di minorenni, arrestati perché sospettati di aver preso parte a manifestazioni contro il governo - alcuni dei quali anche di soli 13 anni - sono stati bendati, picchiati e torturati; altri sono stati minacciati di stupro per estorcergli confessioni forzate.


"Arrestando presunti criminali minorenni e chiudendoli in una cella, le autorità del Bahrein stanno mostrando un agghiacciante disprezzo per i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani" - ha dichiarato Said Boumedouha, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.



Secondo le informazioni ricevute da Amnesty International, sono almeno 110 le persone di età compresa tra 16 e 18 anni recluse in attesa della conclusione delle indagini o del processo, nel carcere di Dry Dock, un centro di detenzione per adulti situato nell'isola di al-Muharraq.


Nella maggior parte dei casi, sono stati arrestati perché sospettati di aver preso parte a "raduni illegali", di rivolta, di aver incendiato pneumatici o lanciato bombe molotov contro la polizia. Molti sono stati arrestati mentre giocavano a casa o persino mentre erano in piscina. Parecchi di loro non hanno potuto incontrare i familiari per lunghi periodi di tempo e sono stati interrogati in assenza dell'avvocato.


I minorenni condannati di età inferiore ai 15 anni sono reclusi in un centro giovanile diretto dal ministero dell'Interno nella capitale Manama. Di giorno sono sorvegliati da operatori sociali ma di notte, quando si verifica la maggior parte delle violazioni dei diritti umani, il controllo passa alla polizia. Al compimento del 15esimo anno, vengono trasferiti in prigioni per adulti come quella di Jaw, nel sud-est del paese, per scontare il resto della pena.


Amnesty International ha sollecitato il Bahrein a rispettare gli obblighi assunti con la firma della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, che vieta espressamente la tortura o altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti.


Amnesty International ha inoltre chiesto al governo bahreinita di rivedere la legislazione pertinente, tra cui la legge sui minorenni e il codice penale, per assicurare che sia pienamente conforme agli standard internazionali.


A seguito degli emendamenti introdotti ad agosto alla legge sui minorenni, i genitori di una persona al di sotto dei 15 anni che prende parte a una manifestazione, a un raduno pubblico o a un sit-in ricevono un ammonimento scritto dal ministero dell'Interno. Se il reato viene reiterato entro sei mesi, il padre del minorenne rischia una multa, la prigione o entrambe.


"Il governo del Bahrein pretende di rispettare i diritti umani ma il suo operato viola ogni giorno e in maniera clamorosa i suoi obblighi internazionali attraverso il ricorso a misure estreme come l'emissione di lunghe pene detentive nei confronti dei minorenni" - ha sottolineato Boumedouha.


Amnesty International ha chiesto al Bahrein di considerare sanzioni alternative per i minorenni che hanno commesso reati riconosciuti a livello internazionale, come i servizi sociali o la libertà condizionata.

Buone NOTIZIE - Amnesty

Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) - Unione europea

Il 12 dicembre 2013 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che non dare a una coppia omosessuale gli stessi benefici che riceve una coppia eterosessuale costituisce una discriminazione diretta basata sull'orientamento sessuale. Alla Corte si era rivolto un tribunale francese, adito da una coppia omosessuale. Uno dei due partner, al momento dell'unione di fatto della coppia, si era visto rifiutare dal datore di lavoro i benefici normalmente concessi alle coppie eterosessuali in occasione del matrimonio (ferie, congedo ecc.).


               

Write for Rights - Le nostre firme salvano vite. MARATONA DIRITTI UMANI

In questo momento, in qualche parte del mondo c’è un governo che sta reprimendo, che sta abusando del suo potere, che non tutela i suoi cittadini.
Ci sono uomini e donne che non hanno la libertà di esprimere ciò che pensano, ciò che provano, di avere una casa, di difendere i loro diritti. Il 10 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti umani e migliaia di persone in tutto il mondo con la loro firma partecipano alla maratona globale per i diritti umani “Write for Rights”!
Firmiamo gli appelli perché Miriam López, Jabeur Mejri, Eskinder Nega, Yorm Bopha e Ihar Tsikhanyuk abbiano finalmente giustizia e libertà.
Le nostre firme possono davvero salvare le loro vite.



La sua storia

Il 2 febbraio 2011, Miriam aveva appena lasciato i bambini a scuola quando due uomini in passamontagna l’hanno costretta a entrare in un furgone bianco e l’hanno portata in caserma. Qui l’hanno torturata e violentata per estorcerle una “confessione” riguardo un traffico di droga.
Dopo una settimana di torture, è stata detenuta per 80 giorni prima che le venisse formalizzata l’accusa di reati collegati al traffico di droga. È stata rilasciata il 2 settembre 2011, quando l’accusa è caduta per mancanza di prove.
Miriam ha denunciato quanto subito e identificato alcuni responsabili, ma nessuno è stato portato davanti alla giustizia.
La tortura è il metodo privilegiato dalla polizia messicana per indagare; vi fa ricorso affinché gli interrogati sottoscrivano confessioni, che incriminano loro o altre persone, usate poi come prove nei procedimenti penali.







La sua storia

Jabeur Mejri è stato arrestato il 5 marzo 2012, a seguito della denuncia di alcuni avvocati che avevano letto gli articoli e la vignetta postati sulla sua pagina Facebook. Il 28 marzo, è stato  condannato dal tribunale di Mahdia per reati come “aver attentato ai valori sacri con azioni o parole” e per “aver attentato alla morale pubblica”.
Anche il suo amico Ghazi Beji è stato raggiunto dalla stessa accusa e condannato in contumacia a sette anni e mezzo di carcere.
Per Lina Ben Mhenni, autrice del blog Una ragazza tunisina, “la condanna di Jabeur è stato uno shock enorme. Incredibile. La gente parla del successo della transizione democratica in Tunisia, ma possiamo parlare a tutti gli effetti di democrazia in un paese in cui a qualcuno viene inflitta una condanna così pesante solo per aver espresso le sue opinioni?”.





La sua storia

L’impegno di Eskinder per la libertà di espressione in Etiopia ha significato per questo coraggioso giornalista persecuzioni, minacce, la messa al bando del giornale che guidava con la moglie Serkalem Fasil, e continui arresti. Tra il 2006 e 2007, Eskinder e Serkalem sono stati processati per tradimento e altre accuse insieme a 129 giornalisti, oppositori politici e attivisti. Serkalem ha dato alla luce il figlio Nafkot mentre era in prigione.
Eskinder è stato arrestato il 14 settembre 2011 insieme a quattro funzionari del partito di opposizione Unità per la democrazia e la giustizia e al segretario generale del Partito democratico nazionale etiope. La sua condanna a 18 anni di carcere è arrivata il 13 luglio 2012.
Birtukan Mideksa, attivista etiope e caso della Write for Rights 2009 di Amnesty ha raccontato cosa significa esprimere la propria opinione in Etiopia.




La sua storia

Prima di essere arrestata, Yorm Bopha era il punto di riferimento della sua famiglia e leader del movimento di opposizione agli sgomberi forzati nella zona del lago Boeung Kak, che avevano colpito migliaia di persone. Nel 2012 ha avuto un ruolo chiave nella campagna per il rilascio di 13 attiviste, imprigionate dopo una protesta pacifica.

La famiglia di Yorm vive una grave situazione finanziaria. Sakhorn, suo marito, è troppo malato per lavorare e non riesce a mandare a scuola Lous Lyhour, il loro figlio di 10 anni. Il tribunale ha condannato la famiglia al pagamento di un ingente risarcimento.